Quando tutto va storto, resta storto anche tu!
Oggi è un giorno strano, uno di quei giorni nei quali tutto va storto e più cerchi di raddrizzarlo e più tutto si storce ancora di più!
Nottata turbolenta con risvegli notturni della piccola e del grande ad intervalli cadenzati e alternati con sadica precisione svizzera. Risveglio burrascoso di entrambi per via del sonno a singhiozzo. Poi, nell’ordine: tazza di latte caldo che con gesto maldestro della mano si rovescia sul tavolo e produce una cascata bianca che precipita fragorosa sul pavimento, reazione di rabbia e dolore straripante del grande, pianto della piccola che non si spiega quel che sta accadendo. Riportata la calma e tranquillizzati gli animi, riusciamo con grande fatica ad arrivare mangiati, lavati e cambiati di fronte alla porta di casa e, aprendola, scopro con un’occhiata che la gomma della bici è a terra e bisogna trovare un’alternativa perché la macchina la usa la mamma…
Cerco di mantenere la calma ed elaboro al volo un piano B che, miracolosamente, mi fa arrivare “quasi” in orario alla Scuola dell’Infanzia dove ho il laboratorio di Psicomotricità questa mattina.
Preparo di corsa il materiale, faccio due respiri e apro la porta per accogliere il primo gruppo di bimbi di 5 anni. Mattia mi guarda, lo fa sempre appena entra in sala: mi guarda con attenzione, mi scruta, mi osserva con l’espressione di chi ha già capito tutto. Si siede di fronte a me e continua a guardarmi ma meno insistentemente, forse vuole vedere che cosa farò.
Ai bimbi e alle bimbe racconto subito che sono molto stanco, che è stata una mattinata faticosa e per questo la mia faccia potrebbe sembrare triste, arrabbiata o stanca ma che questo non ha niente a che fare con loro. Lo faccio per evitare che il non-detto entri in seduta e per rassicurare chi di loro è più sensibile su questi temi.
Inizia il gioco e, come spesso accade quando diciamo ai bimbi che non siamo troppo in forma, succede che ognuno reagisca a suo modo: c’è chi porta dolci ricostituenti, chi si offre come medico per curare la stanchezza, chi si fa più “riservato” e cerca di non richiedere troppa attenzione. Mattia è uno di quelli che rimane sullo sfondo, come un camaleonte cerca di mimetizzarsi nello spazio per non dare troppo fastidio e non arrecare altri problemi.
Lo guardo, mi guarda, mi avvicino a lui, mi abbasso e “occhi negli occhi” gli chiedo: “e tu come stai Mattia?” “Benissimo!” mi risponde. “Se ti va puoi giocare lo sai… io per ora vi sto guardando perché è faticoso scrollarmi di dosso la stanchezza di questa giornata storta!” Mattia si fa serio e nei suoi occhi mi sembra di leggere una sorta di compassione, poi mi dice: “tranquillo Fabio, al massimo giochi la prossima volta!” Sorride e corre via.
Le riflessioni da fare sarebbero tantissime ma a me quel che più ha colpito dello scambio con Mattia è che mi ha ricordato che forse, più che fingere che tutto sia dritto, vale la pena ammettere che quando ci capita una giornata storta siamo storti anche noi. Se lavoriamo con i bambini, abbiamo il dovere di dichiararlo ed imparare a stare nella stortura che la vita ha riservato per noi. Ci sarà tempo per “giocare da dritti”!
Mattia mi ha insegnato che quando tutto va storto posso restare storto anche io e, magicamente, tutto apparirà molto più dritto a me e a chi mi sta attorno. Provare per credere!
Fabio Porporato